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17 marzo 2016

PASQUA: IL CROCIFISSO SORRIDENTE

Fin dall’inizio il Maestro crocifisso è apparso ai discepoli come un fallimento, agli scrittori e agli artisti cristiani come una vergogna, ai suoi testimoni di sempre come un’ingiustizia. La stessa chiesa lungo i secoli ha posto in risalto le ferite, il sangue, le sofferenze del Crocifisso, tanto da far dire al non credente: come posso credere a un Dio appeso alla croce? Ma questo scandalo permette al cristiano di dire: Io gli credo proprio perché è stato messo sulla croce!Il cristianesimo nasce dalla Pasqua, ma se al fatto della crocifissione erano presenti dei testimoni, all’evento della risurrezione nessun testimone era presente e quindi non può essere né descritto, né dimostrato. Sia le parole e sia i gesti della vita di Gesù, in fondo, avevano suscitato poca fede e la morte in croce l’aveva poi spazzata via del tutto. È soltanto con la risurrezione di Gesù che anche la fede risuscita: l’Uomo della croce è il Risorto e questo è il Crocifisso. Nascono così nell’arte due immagini: il Cristo sofferente e il Cristo trionfante. Due fili che s’intrecciano nel dritto e rovescio del grande arazzo della croce.Spogliata dalle incrostazioni tradizionali che vi si sono appiccicate lungo i secoli, la croce di Cristo costituisce l’evento in cui è possibile andare oltre la generica credenza nella divinità e oltre la sua semplice negazione. Nella croce si recuperano congiuntamente l’umanità e la divinità di Cristo. Quando, infatti, si parla della croce di Gesù Cristo, si attesta il valore della sua morte e quindi il cristiano non può accettare che il segno del crocifisso diventi un semplice arredo: è certamente simbolo della sua identità, ma della sua identità di peccatore! La croce di Cristo è segno di salvezza, ma anche luogo di rivelazione capovolta: la potenza del Figlio di Dio si manifesta nella vulnerabilità dell’uomo.Nudo sulla croce Gesù non si mostra con gesti di potenza, ma nel miracolo dell’obbedienza e della nuda fede: anche nella sofferenza più intensa riconosce la paternità di Dio invocandolo con fiduciosa tenerezza “Abbà” (Padre). La Croce dice chi è Dio e la risurrezione afferma la verità della scelta del donarsi. La risurrezione è la garanzia che la via della Croce è giusta, è vera e svela il disegno del Padre. La sfida della fede è di tenere insieme la croce e il sorriso, la morte e la risurrezione del Signore come i due volti dell’unico dono di sé. La croce è ciò che permette al cristiano di credere, ma ciò in cui crede è la vittoria sulla croce! Così il poeta David M. Turoldo canta il mistero della Pasqua:


«No, credere a Pasqua non è
giusta fede:
troppo bello sei a Pasqua!
Fede vera è al venerdì santo
quando Tu non c’eri lassù!
Quando non una eco
risponde
al suo alto grido
e a stento il Nulladà forma alla tua assenza».



Don Sergio Gaburro

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