Ogni evento
importante ha un tempo di attesa in cui ci prepariamo, assaporando in anticipo,
quello che aspettiamo. Pure la Chiesa,
nella sua materna pedagogia, ci prepara nella Quaresima per poter celebrare il
Mistero Pasquale, attraverso le celebrazioni liturgiche e gli atti di pietà:
“vestendo il nudo, sfamando all’affamato, visitando il malato” (cfr. Mt, 25, 35
ss.), pregando e digiunando, soprattutto di opere e parole sterili o dannose
che nuocciono la nostra anima. Così, camminando verso il Golgota nella speranza
che nella Grande Veglia, madre di tutte le veglie, pure noi troveremo la tomba
vuota e l’Angelo che ci dice “non è qui,
è Risorto” (Mt 28, 6).
La Pasqua non
è soltanto una festa, è “LA FESTA” da dove scaturisce la fede
della Chiesa, fondamentata nella parola di chi lo ha visto Risorto,
tramandandola come pegno della nostra salvezza di generazione in generazione
fino alla fine dei tempi. E noi, Corpo Mistico di Cristo, morti e risorti con
Cristo nel nostro Battesimo, siamo invitati a testimoniare a chi ci chiede
ragione della nostra fede a non cercare “tra
i morti Colui che è vivo” (Lc 24,5-6).
Oggi, di
fronte a tanta incredulità e indifferenza, forse a chi non crede non li basta
la nostra testimonianza; forse anche la nostra fede è fiacca, e continuiamo a
cercalo altrove, dove non c’è. Invece, “fin
dalla creazione del mondo, le cose invisibili di Dio sono contemplate
dall'intelletto attraverso le creature” (Rm 1,20). In base a questa affermazione di San Paolo,
secondo quanto insegnano i padri della Chiesa, nella storia dell’umanità sono
avvenute due Rivelazioni da parte di Dio: una che ci è stata tramandata
direttamente dagli Apostoli e Profeti, ed è contenuta nelle Sacre Scritture;
l’altra più antica, è rivolta a tutta l’umanità, e ci parla attraverso la
natura stessa da Lui creata. Mi spiego: ci sono due libri scritti da Dio,
quello della Sua Parola, la Bibbia, e quello della Creazione; perciò sembra che
nella Pasqua anche tutto il creato dica: “non
è qui (nella tomba), è Risorto”
(Mt 28, 6).
Non a caso il
Signore ha voluto Risorgere quando la natura risorge, perché così, a dare
testimonianza della Sua Vittoria sul peccato e sulla morte siano anche le sue
creature. Se l’uomo tace di fronte a Dio, non solo “grideranno le pietre” (Lc 19, 40) ma tutta la creazione canterà che
la morte non ha vinto, che la tomba è vuota. Dalle Sue creature, chi canta la
Pasqua con più vivacità è, come lo chiamò San Francesco, “Messer lo frate sole”: allontanandosi in inverno, tutto il creato
soffre una certa morte; invece al suo ritorno, in primavera, tutto rinasce.
Vediamo pure in questo periodo come, dalla terra irrigidita dall’inverno
iniziano a spuntare germogli e come i fiumi ricevono le acque dai ghiacci
liquefatti e così tutto comincia a rivivere. In primavera si rinfranca il cuore
dell’uomo; man mano cresce la luce e spunta il verde nuovo siamo proclivi ad
essere più fiduciosi. Impariamo dunque dalla terra a rigettare l’asperità invernale
avvicinandoci a Cristo, “Sole di
Giustizia” (Mal 3, 20), predisponendo i nostri cuori ad essere irrigati e
dissetati dall’Acqua che sgorga dal fianco aperto di Cristo Risorto per
accrescere nella Fede, nella Speranza e nella Carità: “A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita” (Ap 21, 6).
Nella Notte Santa di Pasqua, rigenerati
dall’acqua, pure i nostri sensi ci aiutano a percepire la presenza di Gesù e ad
arricchire la nostra fede: dall’udito che ascolta l’Alleluia e il suono festoso
delle campane; l’incenso che ci ricorda che “noi siamo per Dio il buon odore di Cristo fra quelli che sono salvati”
(2 Cor, 2, 15); illuminati dal fuoco del Cero, simbolo di Gesù Risorto, ognuno
di noi illumina e viene illuminato dagli altri, divenendo “Luce da Luce” e come comunità “luce
del mondo” (Mt 5, 14). Sembra che in ogni cosa si ascolti Colui che crea e
redime “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5).
Cristiani,
uomini e donne nuove, partecipiamo alla profezia del nuovo Tempio. “Distruggete questo tempio, e in tre giorni
lo farò risorgere” (Gv 2, 19). Abbiamo detto che siamo noi il Corpo Mistico
di Cristo, il Vero Tempio del Signore, ma non solo singolarmente, se non come
Ecclesia, come comunità giacché, come insegnano i Padri della Chiesa, “Unus Christianus, Nullus Christianus”.
Ognuno di noi viene impiegato nella costruzione del Nuovo Tempio, immagine
della comunità cristiana “come pietre
vive per la costruzione di un edificio spirituale” (1 Pe 2, 5). In base a
questa promessa ci auguriamo che la nostra comunità sia per il mondo quello che
Gesù spera di ogni comunità cristiana e chi ancora non crede possa trovarLo a
Quaderni che gli dice “Metti qui il tuo
dito…” (Gv 20, 27).
P.
Pablo Zambruno
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