Camminiamo insieme come comunità di Quaderni

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14 aprile 2017

DOV’È IL RESTO D’ISRAELE?

Da qualche mese, ogni volta che vengo alla messa domenicale, vedendo diversi banchi vuoti, mi faccio non senza dolore questa domanda: dov’è il resto d’Israele? E poi mi faccio da buon catechista (ciò detto con modestia personale) la seguente riflessione:

i segni che dicono la presenza dei cristiani in un determinato luogo, sono molteplici: la solidarietà tra le persone, la giustizia nel vivere quotidiano, una comunità che sa accogliere, la cultura, la situazione sociale, il buon convivere tra le persone, ecc. Ma senza alcun dubbio il segno per eccellenza che ci dice la presenza in un territorio dei cristiani è una comunità che si raduna nella chiesa parrocchiale casa del Signore e della comunità, la domenica giorno del Signore, o come la chiamavano i primi cristiani il giorno del sole, per celebrare la messa, termine che deriva dal latino “missio” che significa “missione” adottato nel medioevo, mentre in origine veniva chiamata “frazione del pane”. Nella messa si celebra il mistero pasquale del Signore, cioè risorto, Gesù; ce lo ricorda  il concilio vaticano secondo nella costituzione sulla sacra liturgia, dove al canone 47 i padri conciliari affermano: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura”. I padri conciliari nelle parole solenni sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità cioè di amore, convito pasquale eccetera, ci offrono le giuste motivazioni per cui una comunità cristiana sente il bisogno e la gioia della celebrazione domenicale. Celebrare Gesù, fare memoria delle sue gesta, delle sue parole, questa è la motivazione vera per cui si celebra l’Eucaristia domenicale, perché tutto ciò come affermano i padri ci ricolma l’anima di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura che è quello che serve per dare sapore e senso alla nostra vita. Che triste, invece, sentire che ci sono dei credenti che frequentano la messa fuori parrocchia, quelli che io chiamo i cattolici erranti, senza meta e senza identità; costoro, anziché trovare motivazione per celebrare l’eucaristia nelle parole dei padri conciliari che probabilmente neanche conoscono, si danno motivazione per frequentare la messa nella chiesa bella, nel prete simpatico e magari breve nell’omelia; costoro temo che non abbiano capito nulla di Gesù e della comunità. Per carità a tutti capita di celebrare la messa fuori parrocchia, anche a me quando in estate durante le ferie vado a messa a Carisolo, dove il parroco don Flavio, in predica, ogni tre parole dice “ecco” ricavando prediche da venti minuti quando va  bene, oppure a Pinzolo dove il parroco nel giorno del suo ingresso disse ai parrocchiani: “ricordatevi che mi chiamo Benito”; questo per dire che cosa c’è in giro! Ma chi non celebra la messa in parrocchia non ha capito che nella Chiesa bisogna voler bene ai fratelli che si trovano così come sono, non agli amici che si scelgono come gli vogliamo!! Incontrarsi con i propri fratelli è l’atteggiamento di Gesù, il quale ha incontrato e accolto le persone così com’erano e le incontra oggi così come sono! Celebrare la messa con i propri compaesani con i quali durante la celebrazione, nel nome di Gesù, ci si dà il segno della pace anche se vi sono stati contrasti con i vicini per questi stramaledetti confini delle corti; questo è il cristianesimo!! Incontrarsi come comunità ognuno con le proprie ricchezze e con i propri limiti, incontrarsi come comunità ognuno consapevole della propria umanità e rispettoso dell’umanità altrui, questa è la messa!! Perché tutta questa paternale sulla messa domenicale? E qui ritorno al titolo di questo articolo: dov’è il resto d’Israele? Ho notato che da qualche mese c’è un vistoso calo di presenze in tutte le messe domenicali dovuto probabilmente alla non accettazione della situazione attuale della parrocchia che non ha più il parroco residente e magari altro, che per delicatezza non sottolineo. È già, nel momento in cui la parrocchia, quella parrocchia che ha elargito servizi a tutti nella liturgia,nella catechesi, nella carità, quella parrocchia che ora può avere delle difficoltà e che vive un momento di trasformazione che non sappiamo a che parrocchia ci porterà, la si abbandona come ha fatto il signor Shettino, si scende dalla nave, ci si lava le mani come Pilato, la si abbandona come hanno fatto gli apostoli con Gesù sul Calvario, ci si gira dall’altra parte come hanno fatto il sacerdote ed il levita a differenza del buon Samaritano, ci si raduna in Sinedrio per sputare sentenze, la parrocchia la si tradisce con il bacio di Giuda e si va a messa dove c’è il prete bravo, simpatico o nella chiesa tanto bella. Certo che se avessimo fatto tutti come costoro, che ovviamente rispetto, ma  che non hanno capito che con il disertare la messa si fa del male alla propria parrocchia che è nostra, ora oltre alla canonica sarebbe chiusa anche la chiesa e con essa anche la parrocchia.  Vorrei chiedere  a tutti coloro che si lamentano: voi cosa fate per la vostra parrocchia? Cosa fate per migliorare e aiutare le persone che a vario livello vi operano? Siete disposti a mettervi in gioco per la vostra comunità o vi è più comodo rimanere in Sinedrio a giudicare persone e situazioni? Cosa fare di fronte a questa situazione? Semplicemente continuare a voler bene alla propria parrocchia con il sorriso sulle labbra, con la schiena dritta e con la consapevolezza che al di sopra di tutto c’è Gesù che è sempre con noi. Avanti nel nome del Signore.         

Federico Grendene

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