Da
qualche mese, ogni volta che vengo alla messa domenicale, vedendo diversi
banchi vuoti, mi faccio non senza dolore questa domanda: dov’è il resto
d’Israele? E poi mi faccio da buon catechista (ciò detto con modestia
personale) la seguente riflessione:
i
segni che dicono la presenza dei cristiani in un determinato luogo, sono
molteplici: la solidarietà tra le persone, la giustizia nel vivere quotidiano,
una comunità che sa accogliere, la cultura, la situazione sociale, il buon convivere
tra le persone, ecc. Ma senza alcun dubbio il segno per eccellenza che ci dice
la presenza in un territorio dei cristiani è una comunità che si raduna nella
chiesa parrocchiale casa del Signore e della comunità, la domenica giorno del
Signore, o come la chiamavano i primi cristiani il giorno del sole, per
celebrare la messa, termine che deriva dal latino “missio” che significa
“missione” adottato nel medioevo, mentre in origine veniva chiamata “frazione
del pane”. Nella messa si celebra il mistero pasquale del Signore, cioè
risorto, Gesù; ce lo ricorda il concilio
vaticano secondo nella costituzione sulla sacra liturgia, dove al canone 47 i
padri conciliari affermano: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in
cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo
sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della
croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale
della sua morte e risurrezione: sacramento
di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si
riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della
gloria futura”. I padri conciliari nelle parole solenni sacramento di
amore, segno di unità, vincolo di carità cioè di amore, convito pasquale
eccetera, ci offrono le giuste motivazioni per cui una comunità cristiana sente
il bisogno e la gioia della celebrazione domenicale. Celebrare Gesù, fare
memoria delle sue gesta, delle sue parole, questa è la motivazione vera per cui
si celebra l’Eucaristia domenicale, perché tutto ciò come affermano i padri ci
ricolma l’anima di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura che è quello
che serve per dare sapore e senso alla nostra vita. Che triste, invece, sentire
che ci sono dei credenti che frequentano la messa fuori parrocchia, quelli che
io chiamo i cattolici erranti, senza meta e senza identità; costoro, anziché
trovare motivazione per celebrare l’eucaristia nelle parole dei padri
conciliari che probabilmente neanche conoscono, si danno motivazione per
frequentare la messa nella chiesa bella, nel prete simpatico e magari breve
nell’omelia; costoro temo che non abbiano capito nulla di Gesù e della
comunità. Per carità a tutti capita di celebrare la messa fuori parrocchia,
anche a me quando in estate durante le ferie vado a messa a Carisolo, dove il
parroco don Flavio, in predica, ogni tre parole dice “ecco” ricavando prediche
da venti minuti quando va bene, oppure a
Pinzolo dove il parroco nel giorno del suo ingresso disse ai parrocchiani: “ricordatevi
che mi chiamo Benito”; questo per dire che cosa c’è in giro! Ma chi non celebra
la messa in parrocchia non ha capito che nella Chiesa bisogna voler bene ai
fratelli che si trovano così come sono, non agli amici che si scelgono come gli
vogliamo!! Incontrarsi con i propri fratelli è l’atteggiamento di Gesù, il
quale ha incontrato e accolto le persone così com’erano e le incontra oggi così
come sono! Celebrare la messa con i propri compaesani con i quali durante la
celebrazione, nel nome di Gesù, ci si dà il segno della pace anche se vi sono
stati contrasti con i vicini per questi stramaledetti confini delle corti;
questo è il cristianesimo!! Incontrarsi come comunità ognuno con le proprie
ricchezze e con i propri limiti, incontrarsi come comunità ognuno consapevole
della propria umanità e rispettoso dell’umanità altrui, questa è la messa!!
Perché tutta questa paternale sulla messa domenicale? E qui ritorno al titolo
di questo articolo: dov’è il resto d’Israele? Ho notato che da qualche mese c’è
un vistoso calo di presenze in tutte le messe domenicali dovuto probabilmente
alla non accettazione della situazione attuale della parrocchia che non ha più
il parroco residente e magari altro, che per delicatezza non sottolineo. È già,
nel momento in cui la parrocchia, quella parrocchia che ha elargito servizi a
tutti nella liturgia,nella catechesi, nella carità, quella parrocchia che ora
può avere delle difficoltà e che vive un momento di trasformazione che non
sappiamo a che parrocchia ci porterà, la si abbandona come ha fatto il signor
Shettino, si scende dalla nave, ci si lava le mani come Pilato, la si abbandona
come hanno fatto gli apostoli con Gesù sul Calvario, ci si gira dall’altra
parte come hanno fatto il sacerdote ed il levita a differenza del buon
Samaritano, ci si raduna in Sinedrio per sputare sentenze, la parrocchia la si
tradisce con il bacio di Giuda e si va a messa dove c’è il prete bravo,
simpatico o nella chiesa tanto bella. Certo che se avessimo fatto tutti come
costoro, che ovviamente rispetto, ma che
non hanno capito che con il disertare la messa si fa del male alla propria parrocchia che è nostra, ora
oltre alla canonica sarebbe chiusa anche la chiesa e con essa anche la
parrocchia. Vorrei chiedere a tutti coloro che si lamentano: voi cosa
fate per la vostra parrocchia? Cosa fate per migliorare e aiutare le persone
che a vario livello vi operano? Siete disposti a mettervi in gioco per la
vostra comunità o vi è più comodo rimanere in Sinedrio a giudicare persone e
situazioni? Cosa fare di fronte a questa situazione? Semplicemente continuare a
voler bene alla propria parrocchia con il sorriso sulle labbra, con la schiena
dritta e con la consapevolezza che al di sopra di tutto c’è Gesù che è sempre
con noi. Avanti nel nome del Signore.
Federico Grendene
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