Lunedì 13
aprile al Centro Sociale di Quaderni si è svolto l’incontro dal titolo “Riservato a chi ha una tremenda voglia di
vivere: riflessioni ed esperienze sui ragazzi. Nuovi disagi, pericoli e
attenzioni” in cui Giovanni Mazzi, nipote del più famoso Don Antonio Mazzi
ma soprattutto educatore delle comunità Exodus, ha presentato ai numerosissimi
presenti un excursus storico su come è cambiato in 25 anni il mondo del disagio
giovanile.
25 anni fa, nelle comunità di recupero si trovavano soprattutto persone che facevano uso di droghe per uscire dal loro mondo di emarginazione. I tossici di allora erano, per la gran parte, persone con un contesto familiare estremamente problematico che ricorrevano alle droghe per uscirne, in un modo o nell’altro. Ed erano soprattutto maschi.Oggi, dove l’età in cui si manifestano i primi segni di disagio si è notevolmente abbassata e le femmine hanno quasi raggiunto questa triste parità di genere, gli educatori si trovano a dover lavorare con l’adolescente vicino di casa, che proviene da famiglie “normali” e spesso è anche molto bravo a scuola: situazione che ci rende tutti ancora più vulnerabili e in pericolo e quindi necessita maggiormente di prestare attenzione ai nostri ragazzi.Quindi, dobbiamo arrivare prima, ascoltare i ragazzi, accettarli ma soprattutto accettare noi stessi. Non siamo perfetti noi come genitori né tantomeno i nostri figli ma non dobbiamo dimenticare che spesso non sono come li avremmo voluti.A conclusione della serata, è stato letto un decalogo (tratto da L’abecedario dello sportivo - Ed. Exodus) che Don Antonio Mazzi ha scritto per i ragazzi nel quali li invita a cercare amici veri, impegnati e limpidi, ad evitare le trappole nascoste nei telefonini e pc, a confidarsi con i papà, a praticare uno sport, suonare uno strumento o fare volontariato, dare significato al divertimento, evitando sballi e trasgressioni idiote e ad essere felici di essere una minoranza perchè in fondo sono sempre state le minoranze a cambiare il mondo.La concretezza, l’umanità dell’intervento, la passione per il suo lavoro e il messaggio positivo che nonostante tutto Giovanni Mazzi cerca di trasmettere hanno conquistato l’attenzione e l’interesse dei presenti su un tema così difficile ma così vicino ad ognuno di noi.Oltre che trattare questi importanti temi, la serata ha rappresentato anche l’occasione per capire come la collaborazione trasversale tra diverse realtà associative (parrocchiale, sociale e sportiva) risulti fondamentale per consolidare la comunità creando basi solide per poter “vincere” sul disagio.
25 anni fa, nelle comunità di recupero si trovavano soprattutto persone che facevano uso di droghe per uscire dal loro mondo di emarginazione. I tossici di allora erano, per la gran parte, persone con un contesto familiare estremamente problematico che ricorrevano alle droghe per uscirne, in un modo o nell’altro. Ed erano soprattutto maschi.Oggi, dove l’età in cui si manifestano i primi segni di disagio si è notevolmente abbassata e le femmine hanno quasi raggiunto questa triste parità di genere, gli educatori si trovano a dover lavorare con l’adolescente vicino di casa, che proviene da famiglie “normali” e spesso è anche molto bravo a scuola: situazione che ci rende tutti ancora più vulnerabili e in pericolo e quindi necessita maggiormente di prestare attenzione ai nostri ragazzi.Quindi, dobbiamo arrivare prima, ascoltare i ragazzi, accettarli ma soprattutto accettare noi stessi. Non siamo perfetti noi come genitori né tantomeno i nostri figli ma non dobbiamo dimenticare che spesso non sono come li avremmo voluti.A conclusione della serata, è stato letto un decalogo (tratto da L’abecedario dello sportivo - Ed. Exodus) che Don Antonio Mazzi ha scritto per i ragazzi nel quali li invita a cercare amici veri, impegnati e limpidi, ad evitare le trappole nascoste nei telefonini e pc, a confidarsi con i papà, a praticare uno sport, suonare uno strumento o fare volontariato, dare significato al divertimento, evitando sballi e trasgressioni idiote e ad essere felici di essere una minoranza perchè in fondo sono sempre state le minoranze a cambiare il mondo.La concretezza, l’umanità dell’intervento, la passione per il suo lavoro e il messaggio positivo che nonostante tutto Giovanni Mazzi cerca di trasmettere hanno conquistato l’attenzione e l’interesse dei presenti su un tema così difficile ma così vicino ad ognuno di noi.Oltre che trattare questi importanti temi, la serata ha rappresentato anche l’occasione per capire come la collaborazione trasversale tra diverse realtà associative (parrocchiale, sociale e sportiva) risulti fondamentale per consolidare la comunità creando basi solide per poter “vincere” sul disagio.
Elisa
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