Camminiamo insieme come comunità di Quaderni

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28 aprile 2014

GIORNATA PER LA VITA



Come ogni anno dal 1974 la conferenza episcopale italiana promuove, la prima domenica di febbraio, la “Giornata per la Vita”, sorta con lo scopo di tener vivo il valore della Vita umana fin dal suo concepimento, dato che la legge italiana ammette, a determinate condizioni, l’aborto. Noi crediamo che fin dai primi istanti di vita l’embrione è “UNO DI NOI”. Con l’andare del tempo questa giornata ha sempre più aperto la sua attenzione al valore delle Vita non solo al suo inizio ma in tutto il suo percorso, fino alla sua naturale conclusione.
Per il credente ogni essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, per cui la vita umana va sempre protetta, aiutata nel suo sviluppo, rispettata e ci si deve opporre con tutte le forze contro ogni umiliazione e offesa alla persona umana di qualsiasi età, nazionalità, religione, cultura, tendenza diversa da noi.
Le cronache purtroppo riportano fatti e atteggiamenti non sempre in linea con questi valori, ma dobbiamo avere il coraggio di esprimere pareri negativi nei confronti di chi agisce in questo modo. Pensiamo solo al bullismo, del quale si continua a parlare anche in questi giorni. Quello che rattrista è anche il fatto che certi atti contro la persona umana si cerca di non valutarli nella loro serietà, giustificandoli come giochi, bravate, mentre in realtà non vanno sottovalutati.
Su questo argomenti Papa Francesco nella sua esortazione “La gioia del Vangelo” interviene in più punti; la sua preoccupazione è soprattutto quella di avere cura della fragilità, della debolezza umana. Ecco le sue parole: “Tra questi deboli di cui la Chiesa vuol prendersi cura con predilezione ci sono i bambini nascituri, che i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuol negare la dignità umana togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Tutti noi cristiani siamo chiamati a prenderci cura dei più fragili, a prestare attenzione per essere più vicini a nuove forme di povertà e fragilità: tossicodipendenti, senza tetto, i rifugiati, gli anziani sempre più soli e abbandonati, la tratta delle persone, le reti della prostituzione. Doppiamente povere poi sono le donne che soffrono di situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i propri diritti”.
E Papa Francesco conclude: “La sola ragione umana è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto do Dio e si configura come offesa al creatore dell’uomo.

La redazione








23 aprile 2014

A VILLAFRANCA CON DON CIOTTI



La sera dello scorso 7 febbraio era una di quelle brutte sere che ti invitano a startene a casa sul divano a guardare la TV. Pioggia e vento, però, non hanno impedito a tantissima gente di venirsene a Villafranca ad ascoltare don Luigi Ciotti.
La grande chiesa della Madonna del Popolo è molto affollata. Tante facce note che trovo di solito a questo genere di appuntamenti ma… quanta tanta altra gente! C’è, naturalmente, don Riccardo. Noto con piacere anche alcune persone di Quaderni che, evidentemente, hanno deciso che ne valeva la pena.
Renzo Fior, responsabile della Comunità Emmaus di Villafranca, introduce la serata, ricordando che l’incontro si propone di portare alla memoria due avvenimenti. Innanzitutto il settimo anniversario della morte dell’Abbè Pierre - il 22 gennaio 2007. Fondatore di Emmaus, personaggio di cui tutto il mondo ha riconosciuto la grandezza e, cosa che non tutti sanno, dal 2005 cittadino onorario di Villafranca. Si vuole ricordare anche il sessantesimo anniversario di quel febbraio 1954, quando egli tenne il celebre discorso a Radio Luxemburg che così cominciava: “Amici, aiuto!... Una donna è morta di freddo questa notte alle 3.00 sul marciapiede di corso Sebastopoli. In mano aveva il biglietto con cui era stata sfrattata l'altro ieri... Ogni notte ci sono più di duemila poveri sui nostri marciapiedi che soffrono il freddo, muoiono senza cibo, senza pane, senza tetto…”. Quell’appello toccò il cuore di tutto il mondo, scuotendone l’indifferenza.
Ed eccolo, don Ciotti. Lo conoscono tutti. E’ il fondatore del “Gruppo Abele” e di “Libera”: un prete di strada come lo ebbe a definire il cardinal Pellegrino nell’ordinarlo sacerdote a Torino. Un prete sempre in trincea contro le mafie e in soccorso ai tossicodipendenti. Un prete che non ha paura di parlar chiaro, anche se adesso deve viaggiare con una scorta armata.
Il suo, come al solito, è un discorso appassionato, gridato quasi, un discorso che mi sembra tracimare oltre parole. Mi sento incapace di riassumere questo fiume di passione evangelica e civile che tutto innonda. Lo farò con piccoli flash.
“Il grande segnale deve essere quello della prossimità che consiste nella capacità e nel desiderio profondo di mettersi  nei panni dell’altro. Questo coinvolgimento è la prima dimensione della giustizia”.
“L’Abbè Pierre ci ha insegnato a metterci in gioco, a non essere cittadini a intermittenza, a seconda dei momenti e delle opportunità. Non basta commuoversi,  bisogna muoversi!”.
 “Sì, prete di strada! Perché è la strada a insegnarci il cammino. Sulla strada incontriamo tante povertà, tra cui cinque milioni di nostri concittadini che vivono in una situazione di povertà assoluta. Sono stanco di sentire gente che si riempie la bocca di solidarietà. Io mi auguro che ci sia meno solidarietà e piu’ rispetto dei diritti e piu’ giustizia”.
“Abbiamo in Italia sei milioni di persone analfabete di ritorno. L’Europa ci ha ricordato che siamo agli ultimi posti per quanto riguarda le istituzioni  scolastiche. Non possiamo limitarci a occuparci dell’istruzione senza rimuovere le cause sociali e politiche di questo tipo di emarginazione”.
“Dobbiamo operare tutti insieme. Io sono convinto che è il NOI che vince. NOI dobbiamo dare speranza, dobbiamo abitare questo nostro tempo. Il problema piu’ grave è il nostro sguardo assente, la nostra indifferenza, il non prendere coscienza della realtà . Risento dentro di me le parole di Padre Turoldo, di Padre Balducci… non ci sono piu’ ma il loro grido non si è spento”.
Mi fermo qui per mancanza di spazio. Dell’appassionato, terribile discorso di don Ciotti mi è rimasta dentro una certezza: finchè ci saranno persone come lui, come l’Abbè Pierre, come tantissimi altri che ci mettono la faccia – tra loro potremmo esserci anche noi – è possibile coltivare la speranza di un mondo migliore.   
     Alpidio