Tenendo conto l’inizio della predicazione
apostolica, l’anno in cui viene celebrato ufficialmente il primo Natale a Roma
è abbastanza tardivo rispetto all’annuncio del Vangelo e si colloca intorno al
325. In effetti, nei primi secoli del cristianesimo non c'erano abbondanti
ricorrenze liturgiche. Negli albori della Chiesa la quasi esclusiva solennità
fu la Pasqua annuale, celebrata sin da allora nella domenica successiva al
primo plenilunio di primavera. In concomitanza con la Pasqua annuale, i
cristiani festeggiavano la Pasqua settimanale nel giorno conosciuto dai romani
come dies solis, giorno del sole, primo giorno della settimana, posteriormente
rinominato dies dominucus, la nostra domenica, giorno del Signore.
Sulla
scelta della Chiesa di festeggiare il 25 dicembre come giorno della Natività di
Gesù c’è un forte richiamo missionario, un intento d’inculturazione del
Vangelo, giacché a Roma in quel giorno si festeggiava la festa del Natale Solis Invicti, la nascita del
sole invitto. Questo forte legame simbolico fra Gesù e il sole ha pure
inspirato la data della festa della nascita del Precursore: San Giovanni
Battista dice su Gesù: “Egli deve
crescere e io diminuire”(Gv 3, 30). Perciò, il 24 giugno, solstizio estivo,
quando le giornate pian piano iniziano ad accorciarsi, si ricorda all’ultimo
Profeta che decresce fino a quando Gesù inizia a crescere.
Tornando al Natale, sappiamo
bene che in quei giorni il sole, trovandosi nel punto più lontano dalla terra,
apparentemente sconfitto dalle tenebre che in quell'epoca dell'anno avvolgono
le giornate, ricomincia la sua corsa ascendente, trionfando sul buio imperante;
per questo motivo è stato proclamato dai romani Sol Invictus.
Prendendo spunto da questo aspetto assai importante della natura, la Chiesa
attribuì a Gesù le caratteristiche del sole. Sono molti i passaggi, sia
dall’Antico che dal Nuovo Testamento, che parlano di Dio come Luce: nei Salmi,
ad esempio la Chiesa canta da Cristo che “esulta come prode che percorre la
via; sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore” (Ps 19, 6-7). A proposito del Nuovo Testamento, la liturgia del giorno di Natale
proclama nel Prologo del Vangelo di Giovanni che Gesù in quanto Vita, è Luce, “la luce splende nelle tenebre” (Gv
1, 5). Ascoltare queste parole in giornate maggiormente buie ha un significato
speciale, giacché ci permettono di passare dalla realtà materiale alla
spirituale e così, attirati dalle cose create possiamo risalire al Suo
Autore. Questo aspetto della pedagogia divina ci permetterà, fra l’altro,
chiamare dolce la Vera Luce, il Cristo; come è cosa buona il vedere coi propri
occhi il sole naturale, lo sarà ancora di più attraverso la fede contemplare il
“Sole di Giustizia” (Mal. 3, 29),
vale a dire colui che al tempo dell’incarnazione disse: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma
avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). E di nuovo: “E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo” (Gv 3, 19).
Questo “sole che verrà a visitarci dall’alto” (Lc, 1,78) come quello
naturale, senza il quale non ci sarebbe la vita, ha fatto che i ciechi
vedessero, gli zoppi camminassero e i sordi udissero; ha mondato i malati di
lebbra e con un semplice comando ha richiamato i morti alla vita.
Perciò
essere illuminati e innalzati grazie alla partecipazione nella Sua Vita ci
ricolmerà di conforto ogni volta che le tenebre minacciano il nostro cuore;
c’illuminerà rivestendoci di santità nei momenti di debolezza e infine potremmo
essere pieni della gioia divina sperimentandola in tutti i nostri giorni. Infatti di ogni gioia è interamente autore il Sole di giustizia per quelli che lo
cercano con cuore sincero, non lasciandoci sconfiggere dalla tristezza e
disperazione che ci minacciano costantemente.
Anche nei cieli nuovi e
nella terra nuova sarà Cristo la Vera Luce. Senza
dimenticare che la prima parola uscita dalla bocca divina creando fu “luce”: “Sia la luce, e la luce fu” (Gn 1, 3), ed
essendo questa luce un riflesso della “luce
vera che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9), cioè il Cristo, sarà proprio quella
Luce Vera ad illuminare il mondo futuro senza bisogno del sole, suo rappresentante
in questo mondo, il quale scomparirà nella “seconda creazione”. Infatti solo
Egli, l’Agnello Immolato, sarà la lampada che insieme alla Gloria di Dio
illuminerà la Città Futura (cfr Ap 21, 23-24).
Infine, quella luce che brilla nelle tenebre invita all’uomo a non restare
indifferente di fronte all’epifania dell’amore divino verso l’umanità
manifestato in Cristo e allo stesso tempo esige una risposta. Quale sarà?
AdorarLo. Come allora, come ai pastori della grotta di Betlemme, quando fu
rivolto l’invito degli angeli, oggi risuona nella Chiesa lo stesso invito per
invitaci a cantare: “Gloria a Dio nel più
alto dei Cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama” (Lc, 2, 14).
P. Pablo Zambruno